In questi anni la crisi, esito avvelenato del capitalismo, ha creato le condizioni favorevoli a riavviare nel nostro paese prassi inimmaginabili solo pochi decenni addietro, sbilanciando il potere contrattuale tanto da costringere i lavoratori ad accettare rapporti di lavoro precari e partite Iva, con una progressiva erosione dello spazio delle tutele.
In questi giorni nei quali tanto si parla di forme diverse di sfruttamento, dai braccianti agricoli ai riders, sarebbe davvero un bel “segnale” ricordare un uomo che portò all’approvazione del Parlamento italiano, in un tempo che precedeva le grandi lotte operaie che avrebbero modificato profondamente le relazioni sociali e la nascita del sindacato novecentesco, siamo infatti nel giugno 1902, una Legge progressista per quel tempo, che introduceva nel mondo del lavoro nuove e chiare forme di tutela.
La legge di cui parliamo è la n. 242 del 19 Giugno 1902 il cui testo fu realizzato con il determinante contributo di Anna Kuliscioff (1855–1925) donna straordinaria, russa di origine e poi naturalizzata italiana, medico e giornalista, rivoluzionaria che fu tra i fondatori e principali esponenti del Partito Socialista Italiano. Tale legge affrontava il tema di una disciplina igienico-sanitaria dei luoghi di lavoro e, soprattutto, introduceva norme di tutela del lavoro minorile e femminile.
Quella legge, che nel corso del secolo scorso fu superata grazie alle conquiste operaie, imponeva un giorno di riposo settimanale, limitava il numero massimo di ore di lavoro giornaliere (12) con una pausa obbligatoria di due ore e vietava il lavoro notturno per le donne minorenni. Introduceva, per la prima volta, il congedo di maternità obbligatorio di quattro settimane dopo il parto. Pur non prevedendo ancora alcuna sospensione precedente al parto, la legge riconosceva il diritto a un permesso per l’allattamento o, in alternativa, la messa a disposizione di una “camera speciale d’allattamento” nello stabilimento, obbligatoria per fabbriche con almeno 50 operaie, e l’uscita dal posto di lavoro nei modi e tempi definiti da un regolamento interno.
Stiamo parlando di una legge che porta il nome di un nostro concittadino: Paolo Carcano.
Era nato a Como il 24 gennaio 1843. A diciassette anni si era unito ai Mille nella spedizione garibaldina e poi al Corpo Volontari Italiani tra le cui fila combatté la Terza guerra d’indipendenza.
Laureatosi in Giurisprudenza a Pavia, nel 1867 decise di raggiungere nuovamente le truppe garibaldine da Firenze, dove si trovava a rappresentare Como al congresso delle Camere di Commercio, e a Monterotondo venne colpito al braccio sinistro che resterà paralizzato per il resto della sua vita.
Dapprima e per molti anni consigliere comunale e provinciale nella sua città, venne eletto alla Camera dei deputati nel febbraio del 1881 per il collegio di Como II, come esponente democratico e con l’appoggio di organizzazioni popolari. Fu poi rieletto nel 1887 con il determinante appoggio del Consolato delle Associazioni operaie comasche, che s’impegnò a fondo perché tutti i voti proletari convergessero sul suo nome.
Carcano apparteneva, coerentemente al suo passato garibaldino, alla Sinistra democratica e si dichiarava monarchico-costituzionale; fu in Parlamento per undici legislature consecutive, fino alla morte.
L’impegno politico lo portò ad essere amico e collaboratore di Giolitti e ad assumere per dieci volte l’incarico di ministro in dicasteri economico-finanziari: ministro delle Finanze per la prima volta nel 1898, poi ministro dell’Agricoltura, industria e Commercio, con primo incarico nel 1900, e infine del Tesoro, fino a sei mesi dalla morte. Nel corso della XX legislatura fu, tra l’altro, relatore del disegno di legge sulla Cassa di previdenza per l’invalidità e la vecchiaia dei lavoratori. Interessante è anche ricordare come, durante la discussione della legge per l’introduzione del suffragio universale (maggio 1912), egli avesse chiesto la sospensiva di un articolo che attribuiva ai deputati un’indennità annua di 4.000 lire.
Morì in Como, sua città natale, il 6 aprile 1918, esattamente cento anni fa.
Già! I centenari, come si sa, si ripresentano … ogni 100 anni: ma la sua città, almeno fino ad oggi, sembra voler ignorare la ricorrenza della sua morte.
Ma è ancora la stessa città che in altra epoca intitolò a Paolo Carcano non solo una via, ma uno dei suoi istituti superiori più prestigiosi? Eppure con il “setificio” la città pose pone il nome di Paolo Carcano accanto a quello di altri straordinari comaschi (Caio Plinio Secondo, Paolo Giovo, Alessandro Volta, Teresa Ciceri …).
“Mala tempora currunt” se un popolo perde la memoria e più ancora coloro che l’amministrano (nemmeno una pulitura della lapide posta sulla sua casa in “centro”)!
La memoria è premessa, radice e fondamento della cultura, che da essa non può prescindere.
Bruno Magatti
Per chi volesse approfondire la conoscenza di questa straordinaria figura segnalo
http://treccani.it/enciclopedia/paolo-carcano_(Dizionario-Biografico)/