(questo testo è il mio intervento in dichiarazione di voto contrario al provvedimento del Consiglio Comunale voluto dalla giunta)
Siamo figli di uno Stato nel quale scuola, sanità, università e ricerca (ma l’elenco non finisce qui) sono “istituzioni” pubbliche, sostenute dalla fiscalità generale, anche se ciò non impedisce e non ha impedito che ci siano università private scuole private ospedali privati.
Fabbricare scarpe, automobili o strumenti musicali, solo per fare degli esempi, non è compito delle istituzioni. Lo è tutto ciò che è essenziale a garantire a tutti, indipendentemente dal fatto che se li possano o meno comprare, diritti come quello all’istruzione, alla salute, al lavoro e, aggiungo, a una genitorialità compatibile con il lavoro.
È il sistema che fa dell’universalismo solidale il punto di riferimento e che, non a caso, da altri paesi ci invidiano.
Le fondamenta di tale sistema si reggono sull’ipotesi che questi servizi non possono avere come obiettivo primario il produrre un utile a chi li gestisce, nella consapevolezza che il plusvalore sociale, che è il loro vero utile, si raccoglie altrove: si tratta di un utile sociale perché la cura della salute mette a disposizione cittadini efficienti, la scuola è l’università formano cittadini preparati e competenti, la ricerca è il motore dell’innovazione che inneva il mondo produttivo, un asilo nido permette a due genitori di lavorare e produrre benessere per la società e la propria famiglia.
Solo comprendendo questi concetti (non particolarmente difficili visto che non si tratta di equazioni della meccanica quantistica né della teoria della relatività) si riconoscono le ragioni che giustificano l’affidamento a istituzioni pubbliche del loro governo e della loro gestione.
Si tratta di un principio di civiltà che ha profonde radici culturali.
Ma anche nel nostro paese, e qui ne abbiamo avuto un’ulteriore prova, gli appetiti si sono coniugati con l’incapacità e su questo mix micidiale è cresciuta la barbarie millantata agli occhi dei semplici come efficienza.
Questa famelica ingordigia, nutrita di individualismo a buon prezzo, produce esiti spietati anche là dove si ammanta di quell’insopportabile buonismo tipico di chi non rimuove le cause dell’esclusione ma, mentre le conferma, vuole anche dirsi “sensibile” ai problemi di quegli stessi che con provata durezza, sta ancor più escludendo e umiliando.
Questa stessa ingordigia oggi muove verso i nostri servizi alla prima infanzia e si fa largo per conquistare ciò che non sa costruire ed è figlio di un’altra storia, quella nobile, di civiltà.
Qui ci sono chierichetti e sagrestani, non prelati e monsignori: ma tutti a cantare, stonati, l’insopportabile salmodia liberista.
Che tristezza sentire certi interventi. Quanto paradossali le parole solo alla fine rivelatrici dell’assessora!
Ancora abbiamo sentito millantato come progresso, come il futuro, ciò che non è altro che la volontà di alienare preziosi servizi ai bambini e con essi il sostegno alla genitorialità che, da sé solo, permette alle donne madri di poter lavorare senza dover rinunciare alla maternità.
Oggi vince il pensiero mediocre che tutto pensa di piegare alla logica del profitto fingendo di ignorare che ciò si concretizzerà in forme censurabili di precarizzazione, in una riduzione del reddito o in forme sottili di sfruttamento dei lavoratori, ma anche in maggiori costi a carico dei cittadini.
Questa maggioranza è straordinariamente capace di demolire.
Lo ha già fatto con l’azienda speciale per i servizi sociali. Dopo 20 mesi quella barzelletta, venduta come prototipo dell’efficienza, ancora non ha assunto una persona per svolgere alcuna delle funzioni che voi, scienziati della politica e della buona amministrazione della cosa pubblica, avete votato (e che solo per esistere consuma decine di migliaia di euro sottratti ai servizi alla persona).
Ringrazio chi ha votato alcuni dei miei emendamenti. Mi piace ricordarne uno in particolare, respinto, nel quale proponevo di scrivere che “l’amministrazione considera il servizio prioritario strumento di sostegno alla genitorialità e al lavoro femminile e si impegna a reperire a bilancio le risorse necessarie al mantenimento del servizio almeno ai livelli dell’anno precedente”
Spero che alcuni dei portatori di interesse, le educatrici, il personale ausiliario e delle cucine, o le tante famiglie che hanno apprezzato e voluto bene a questi nidi comunali, impugnino questa delibera anche sulla scorta delle note della pregiudiziale e sul vizio, non sanato, della presenza di pareri “tecnici” , prima contrari poi capovolti, espressi dal dirigente che invece, e in questo il segretario generale mi è parso d’accordo, avrebbe dovuto astenersi.