In questi ultimi giorni, come già altre volte nei mesi scorsi, l’acqua ha allagato un poco della piazza Cavour di Como. Le mie considerazioni al riguardo partono da lontano.
Ho seguito la “vicenda paratie” fin dai suoi albori. Erano gli anni del mio primo mandato da consigliere comunale. Con “Paco” ne contestammo, dentro e fuori le istituzioni, utilità ed efficacia.
La struttura delle paratie è una barriera fisica che separa le acque del lago e quelle sotterrane e superficiali delle aree adiacenti. Il naturale interscambio tra le acque della falda e il lago è interdetto e tutti gli scarichi a lago della zona sono stati sigillati. Se così non fosse l’acqua del lago, con percorsi sotterranei, verrebbe ad affiorare al di qua delle barriere per la nota legge dei “vasi comunicanti”.
L’acqua piovana proveniente dalla città viene convogliata nelle due grandi vasche coperte dai due ampi camminamenti dei lungo Lario Trento e Trieste. Un sistema di pompe (al momento probabilmente non attivo) ha la funzione di riversare nel lago l’acqua conferita nelle vasche.
Dell’acqua della grande pozza di cui oggi parliamo e che rende inagibile la corsia prossima al marciapiede a lago tutti hanno capito che:
- NON proviene dal lago (il cui livello non ha superato la barriera del nuovo marciapiede)
- se ne può andare solo con un sistema di pompe che o non funziona o non c’è (lo vediamo fare dalla Protezione civile)
Nel silenzio dei “tifosi” del progetto a suo tempo imposto alla città da quattro giunte di centrodestra è bene rimarcare ciò che potremmo aspettarci in futuro e già si prospettava trent’anni fa: finiti (?) i tempi delle esondazioni si preannunciano forse quelli delle “inondazioni”, ovvero di una piazza invasa non dall’acqua del lago ma da quella proveniente dalla città e dal grande bacino imbrifero che sta alle sue spalle.
Tutto era scritto e ciò cui assistiamo ne rappresenta forse le avvisaglie,
Riprendendo (dai verbali) i miei ripetuti interventi in Consiglio comunale nel dibattito sul progetto paratie del 3 e del 17 giugno 1996 vi trovo rimarcata una criticità mai sanata: a fronte dell’obiettivo dichiarato dai progettisti di ridurre la frequenza di esondazioni a meno di una ogni 50 anni, alla pagina 17 del documento di progetto si leggeva che “la stima delle dimensioni delle vasche è calcolata con tempi di ritorno di 10 (dieci) anni”.
Dobbiamo sottolineare che queste conclusioni si fondavano sui dati delle precipitazioni piovose precedenti il 1995.
Senza invocare l’emergenza climatica è la cronaca recente a raccontarci che gli eventi atmosferici caratterizzati da piogge di grande intensità non sono eccezioni sporadiche.
È probabile, quindi, che non abbiamo ancora visto tutto.
Intanto, in città, a diverse centinaia di metri dal lago c’è qualche cantina, autorimessa e vano ascensore che ha visto affiorare acqua mai osservata prima. Pochi si sono presi la briga di immaginare come avrebbe reagito la falda (che all’epoca in piazza Cavour aveva una profondità di 5 metri) dopo la realizzazione delle chiusure ermetiche del sistema paratie e il conseguente rallentamento del deflusso verso il lago delle acque piovane superficiali e sotterranee per le profonde modifiche poste in essere. Tutto ciò era davvero imprevedibile?