Non sorprendono sia quanto dichiarato da Stefania Macrì, rappresentante comasca del sindacato confederale della funzione pubblica, sia le lamentele di utenti che evidenziano gli effetti problematici della privatizzazione dei servizi. L’esternalizzazione è il frutto combinato della non volontà e dell’incapacità dell’amministrazione comunale di gestire in proprio i servizi di welfare, tra i quali spiccano asili nido e centro diurno per disabili. Si tratta di una deriva iniziata con la precedente amministrazione e apparentemente inarrestabile che rischia di allontanare dalla gestione diretta ulteriori servizi.
La scelta è politica. Dopo essere stati rimossi i limiti alle assunzioni, che hanno vincolato le amministrazioni un decennio addietro, è fuori luogo parlare di mancanza di personale da parte di coloro che non indicono concorsi. (Le 52 Domande di Civitas sulla privatizzazione dei Servizi Sociali del Comune di Como – Civitas – Progetto Città (civitascomo.it). I settori che ne sono interessati hanno offerto per decenni risposte di altissima qualità come i nidi (I NIDI NON SONO IN VENDITA – Civitas – Progetto Città (civitascomo.it), Nidi comunali ai privati? Una deriva intollerabile – Civitas – Progetto Città (civitascomo.it, il centro diurno disabili ma anche altri servizi per l’infanzia e per il welfare. Il governo del personale, la programmazione delle assunzioni sulla base dei bisogni e dei prevedibili pensionamenti sono l’ABC di ogni amministratore “capace”.
Assistiamo a un silenzioso processo di “sostituzione” con una lenta, continua cessione a terzi di scelte organizzative e gestionali.
In alcune strutture comunali è oggi in servizio personale educativo di enti privati che opera accanto a dipendenti comunali ma con retribuzioni nettamente inferiori. Alla vergogna e all’ingiustizia per la disparità di remunerazione per il medesimo lavoro si aggiungono effetti che toccano direttamente gli utenti (in particolare bimbi e disabili, ma non solo) esposti alla precarietà che caratterizza molte delle realtà private, con frequenti sostituzioni delle figure alle quali è affidata la cura; chi ha avuto bimbi nei nidi sa quanto sia preziosa la continuità delle figure di riferimento.
La cooperative, in genere, non hanno personale stabilmente assunto. Per farsi carico di un servizio vanno alla ricerca (talora frettolosa) del personale necessario: brave persone, per lo più, ma senza un supporto e non di rado improvvisate o alla primissima esperienza, messe in campo con una supervisione ridotta al minimo.
Perché stupirsi se i alcuni cittadini avvertono un brusco deficit nella qualità di qualche servizio?
Le conseguenze negative dell’esternalizzazione erano già emerse con la precedente amministrazione relativamente al servizio di refezione scolastica portato avanti con fredda determinazione e addirittura con la cancellazione del controllo qualità da parte dei genitori.
Forse i cittadini non sono adeguatamente informati e solo allorché coinvolti direttamente o indirettamente si rendono conto di cosa significhi avere dei servizi di qualità; ecco perché è così importante la voce di chi oggi lamenta disservizi e scarsa qualità.
L’affidamento ai privati è millantato come soluzione efficiente ed economica e addirittura come la sola praticabile; è invece il mediocre prodotto di una evidente incapacità di gestione politica.
Noi siamo convinti che ogni società si debba caratterizzare per la qualità della cura di tutte le persone senza distinzione di ceto e di censo.
Difficile trovare qualità dove non ci sono professionalità e continuo aggiornamento e ogni professionista della cura ha diritto a una retribuzione adeguata alla qualità del suo lavoro, alla competenza espressa e al tempo messo a disposizione. Per questo apprezziamo la scelta del comune di Livorno che pretende per il personale dei servizi appaltati al privato la parità salariale con i dipendenti comunali ovvero che venga applicato anche a loro il contratto degli enti locali.
Sorge il dubbio che i risparmi economici nell’affidamento a privati siano, alla fine, riconducibile alla precarizzazione e alla riduzione delle retribuzioni, dei diritti e delle tutele di chi lavora. Le persone che pur avendo un lavoro sono “povere” chiedono supporti (sostegno affitti, bonus energia, riduzioni di tariffe …) che, a loro volta sono un costo.
Dalle esternalizzazioni vediamo emergere dati sconfortanti e risultati modestissimi da qualunque lato li si osservi. La parola coprogettazione è il mantra che cela una sostanziale abdicazione decisionale dei comuni a vantaggio degli interessi organizzativi del socio privato e raramente del cittadino.
La stessa declamata riforma del Terzo settore andrebbe, a nostro parere, ripresa con realismo e con uno sguardo diverso. Quali garanzie offrono degli adempimenti formali? Ai cittadini va davvero bene tutto quando la politica non è attrezzata per svolgere fino in fondo e con imparzialità il suo ruolo di controllo? Non abbiamo nulla da dire se gli eletti delegano a terzi scelte che incidono sulla qualità dei servizi?
L’attuale sindaco di Como ha sempre manifestato piena fiducia nell’esternalizzazioni e per questa strada, da taluni molto caldeggiata, prosegue a vele spiegate anche se nei mesi passati ha cominciato a dubitare dell’efficacia dei quell’Azienda Speciale per i servizi sociali avviata dall’amministrazione precedente con la sola argomentata opposizione di “Civitas – progetto città” (www.civitascomo.it/azienda-speciale-per-i-servizi-sociali-i-perche-del-no/). Chi vorrebbe che all’ente pubblico restasse solo la funzione di controllore e arbitro argomenta dicendo che gli affidamenti finirebbero per alleggerire la burocrazia e il lavoro degli uffici. Per arrivare a risultati almeno accettabili sono però necessarie la competenza di chi tratteggia gli indirizzi politici e quella di chi redige i bandi; a fronte di servizi appaltati che lasciano insoddisfatti gli utenti si dovrà sapere se la responsabilità è, della cooperativa e/o dei funzionari e del sindaco.